Una Bibbia etiope di 2000 anni fa rivela un testo perduto dopo la resurrezione: la verità è molto più strana di quanto chiunque avrebbe potuto immaginare!

Nei remoti altopiani dell’Etiopia, presso il monastero di Abba Garima, una scoperta sensazionale ha scosso il mondo degli studi biblici. Il 5 dicembre 2025, i ricercatori dell’Università di Oxford e dell’Ethiopian Heritage Fund hanno annunciato la completa digitalizzazione dei Vangeli di Garima.
Questi manoscritti risalenti a 2000 anni fa, scritti su mattoni in lingua Ge’ez, contengono una sezione perduta successiva alla resurrezione di Gesù, che è completamente assente nei Vangeli successivi.
I Vangeli di Garima, i più antichi manoscritti cristiani interamente illustrati al mondo, comprendono 81 libri, tra cui i controversi testi di Enoch e dei Giubilei. Questi scritti, considerati troppo misteriosi o controversi in Occidente, furono esclusi dal canone.
L’analisi più recente, basata sulla datazione al radiocarbonio, colloca Garima 2 tra il 390 e il 570 d.C.
a.C., il che li rende più antichi dei Vangeli siriaci di Rabbula.

La scoperta sconvolgente sta nella versione del Vangelo di Marco: termina bruscamente in Marco 16:8, senza le scene post-resurrezione aggiunte in seguito dalle chiese occidentali.
Invece di apparizioni ai discepoli, il testo descrive un avvertimento nascosto di Gesù a Maria Maddalena: una visione di guardiani celesti che avvertono l’umanità delle minacce cosmiche.
Questo brano, oggi noto come “Aggiunta di Garima”, rivela Gesù come un costruttore di ponti verso regni nascosti. Parla di “angeli dall’abisso” che proteggono la Terra da un’ondata di fuoco stellare.
Gli studiosi ipotizzano che questo rifletta motivi apocalittici tratti dal Libro di Enoch, in cui angeli caduti corrompono il mondo.
La Chiesa ortodossa etiope mantenne segreti questi testi per 1600 anni, ben lontana dalle influenze occidentali. Nel contesto dell’Impero axumita, cristianizzato precocemente, i Vangeli emersero come un ponte tra gli Apocrifi ebraici e il Nuovo Testamento.
I monaci di Abba Garima le consideravano reliquie di San Garima, che presumibilmente le scrisse in un solo giorno.
La digitalizzazione, completata dopo la guerra del Tigray del 2020-2022, dove i manoscritti furono nascosti, ora consente l’accesso globale. La professoressa Judith McKenzie di Oxford ha sottolineato: “Questo brano mette in discussione l’unità della Bibbia primitiva. Indica un cristianesimo più diversificato ed esoterico”.
La Chiesa occidentale, influenzata dal Concilio di Nicea del 325 d.C., standardizzò il canone e aggiunse la conclusione più lunga di Marco per evitare controversie teologiche. Il testo di Garima, che presenta Gesù come conoscitore di mondi nascosti, potrebbe essere stato percepito come gnostico, una minaccia all’unità dogmatica.
I Vangeli contengono illustrazioni che visualizzano questi misteri: un ritratto dell’evangelista Marco lo mostra con una chiave per il paradiso, circondato da angeli volanti. Motivi simili compaiono nelle opere d’arte copte e nubiane, ma la versione Garima è la più antica sopravvissuta.

Il Libro di Enoch, parte integrante della Bibbia etiope, descrive i Vigilanti come angeli ribelli che diffondevano agli umani una conoscenza proibita. Il brano perduto collega questo alla resurrezione: Gesù avverte che solo i puri saranno salvati dal prossimo “diluvio celeste”.
Giubilei, un altro libro “perduto”, amplia la storia della creazione con misteri calendariali. Nell’edizione Garima, è collegato a un vangelo importante, il che suggerisce che i primi etiopi considerassero il cristianesimo come una continuazione dell’esoterismo ebraico.
La scoperta solleva interrogativi: i primi cristiani credevano in dimensioni parallele? Il testo implica che Gesù sia asceso a regni superiori dopo la resurrezione per stringere alleanze contro le forze demoniache. Questo sembra più lontano di qualsiasi film di Hollywood, eppure è in linea con i ritrovamenti di Qumran.
Sebbene il conflitto del Tigray minacciasse i manoscritti – nascosti nelle grotte – essi sopravvissero grazie alla devozione monastica. Padre Gebretsadik, che li salvò, dichiarò alla rivista New Lines: “Dio fermò il sole, come per Garima. Queste parole sono eterne”.
I teologi stanno dibattendo animatamente: l’aggiunta di Garima è autentica o un’interpolazione successiva? Le analisi linguistiche confermano il Ge’ez del IV secolo, con influenze greche. Potrebbe essere l’origine della “lunga” parte finale del Vangelo di Marco, successivamente censurata.
Le implicazioni per il cristianesimo sono enormi. L’Occidente, che ha limitato il canone a 66 libri, ha ignorato la saggezza etiope. Libri come Enoch mettono in guardia da catastrofi ambientali – profetiche per il 2025, con la crisi climatica già in corso.
La digitalizzazione su piattaforme come l’HMML consente ora studi a livello mondiale. Una mostra a Oxford nel 2026 esporrà le pagine illustrate, tra cui l’immagine del Tempio, che raffigura Gerusalemme come un portale.
Per i credenti, la scoperta è una rivelazione: Gesù come guaritore interdimensionale che collega il perdono alla conoscenza cosmica. Il testo si conclude con: “Andate e custodite le porte, perché le stelle piangono”.

Gli scettici lo chiamano sensazionalismo, ma i fatti parlano da soli: i dati del radiocarbonio sono indiscutibili. La Bibbia etiope, con i suoi 88 libri, offre il canone più completo, incluso il Meqabyan, che approfondisce i temi maccabei.
In tempi di fake news, questa scoperta serve a ricordare: la verità è negli archivi. I Vangeli di Garima, un tempo nascosti, ora rivelano che il cristianesimo era più diversificato di quanto si pensasse in precedenza, ricco di miracoli oltre ogni aspettativa.
I monaci di Abba Garima, sulle alture del Tigray, continuano a custodire questi tesori. Il loro monastero, costruito dal re Gebre Meskel, simboleggia la resilienza. Le donne possono accedervi, ma i segreti rimangono sacri.
La ricerca futura, finanziata dall’UE, mira a un’ulteriore digitalizzazione. Entro il 2030, tutti gli 81 libri dovrebbero essere accessibili, con visite guidate in realtà virtuale del monastero.
Questa scoperta non solo cambia la dottrina biblica, ma invita anche a una riconsiderazione: e se la resurrezione fosse stata più di un miracolo, una chiamata a un’alleanza celeste? La verità dall’Etiopia è più strana della finzione.