“NON VOGLIO PIÙ ESSERE CONTROLLATO COME UN BURATTINO” Bagnaia ha rilasciato all’improvviso una dichiarazione che ha sconvolto l’intera MotoGP, facendo intervenire subito dopo anche il boss Gigi Dall’igna.

Nel frenetico mondo della MotoGP, dove ogni curva e ogni rettilineo possono definire l’eredità di un campione, Francesco “Pecco” Bagnaia è da tempo l’emblema della precisione e della compostezza. Il pilota italiano, due volte campione del mondo con la Ducati, ha stupito il paddock il 15 novembre 2025, durante una conferenza stampa in vista della finale del Gran Premio di Valencia. Con uno sguardo d’acciaio e un fuoco insolito nella sua voce, Bagnaia ha dichiarato: “Non voglio più essere controllato come un burattino”. Le parole erano sospese nell’aria come fumi di scarico, accendendo speculazioni immediate in tutto lo sport.
Lo sfogo di Bagnaia è arrivato tra voci di tensioni interne al Ducati Lenovo Team. Fonti vicine al team suggeriscono che il 28enne è diventato frustrato da ciò che percepisce come microgestione da parte dei piani alti. Nonostante si sia assicurato titoli consecutivi nel 2022 e 2023 e abbia montato una feroce difesa nel 2024 contro Jorge Martin di Pramac, Pecco ha espresso preoccupazione per le decisioni strategiche che, a suo avviso, hanno ostacolato le sue prestazioni. “Ho dato tutto a questa squadra”, ha continuato, con l’accento reso più intenso dall’emozione. “Ma la lealtà dovrebbe andare in entrambe le direzioni. Ho bisogno della libertà di correre a modo mio, non secondo il copione di qualcun altro.”
La dichiarazione si è diffusa nella comunità della MotoGP più velocemente di uno sprint ad alta velocità al Mugello. Piloti, meccanici e fan rimasero senza parole. Jorge Martin, il rivale più vicino di Bagnaia e un collega allievo della Ducati che ora prospera in Aprilia, ha twittato il suo sostegno: “Pecco è il vero affare. Spero che ottenga ciò che si merita”. Anche gli osservatori neutrali, come Fabio Quartararo della Yamaha, si sono fermati a metà dell’intervista per commentare, definendola “un campanello d’allarme per tutti noi nel paddock”. I social media sono esplosi con hashtag come #FreePecco e #DucatiDrama, che hanno fatto tendenza a livello globale in poche ore e hanno raccolto oltre un milione di impegni entro sera.

Al centro della frustrazione di Bagnaia c’è l’ecosistema interno notoriamente competitivo della Ducati. Il produttore italiano schiera non meno di otto moto tra le sue squadre ufficiali e satellite nel 2025, creando un focolaio di rivalità che ha spinto il marchio al dominio ma ha anche seminato semi di discordia. Pecco, in quanto pilota di punta, ha sopportato il peso delle aspettative, scontrandosi spesso con il compagno di squadra Enea Bastianini sulle priorità di sviluppo. Addetti ai lavori rivelano che le recenti configurazioni della moto, ottimizzate per lo stile aggressivo di Martin, hanno lasciato Bagnaia messo da parte durante le sessioni chiave del round di Mandalika il mese scorso. “È come se stessero costruendo per tutti tranne che per il ragazzo che vince i campionati”, ha confidato un anonimo ingegnere Ducati.
Non è il primo brontolio di malcontento in casa Desmosedici. La scorsa stagione, le voci di un potenziale scambio tra Bagnaia e Martin hanno quasi fratturato l’armonia della squadra, messa a tacere solo dalla diplomazia dal pugno di ferro dell’amministratore delegato Gigi Dall’Igna. Dall’Igna, il genio dell’ingegneria 69enne a cui è attribuita la rinascita della MotoGP in Ducati dal 2013, è stato a lungo sia salvatore che sorvegliante. Sotto la sua guida, la Ducati ha ottenuto 19 vittorie nei Gran Premi solo nel 2024. Tuttavia, il suo approccio pratico, che richiede potere di veto sugli input del pilota e sulle modifiche alla telemetria, ha suscitato in passato lamentele sommesse da parte di talenti come Andrea Iannone.

La presa di posizione pubblica di Bagnaia ha segnato un punto di rottura, elevando le lamentele private a una vera e propria rivolta. Mentre le telecamere lampeggiavano e i microfoni avanzavano, Pecco elaborò la sua visione dell’autonomia. “Rispetto Gigi e la squadra che hanno costruito, ma correre è istinto. Non puoi ricavarne l’anima”. Ha citato casi specifici, come la controversa scelta delle gomme ad Assen che gli è costata punti sul podio, presumibilmente ignorata dalle direttive della fabbrica. L’ammissione ha alzato il sipario sul ventre aziendale della MotoGP, dove contratti multimilionari mascherano una brutale meritocrazia. Per Bagnaia, che proviene da un modesto background torinese ed è cresciuto grazie al talento grezzo grazie alla VR46 Academy, la metafora del burattino ha toccato una corda personale: un grido contro l’essere ridotti a un ingranaggio della macchina.
La ricaduta fu rapida e sismica. Gli sponsor erano preoccupati; La mattina successiva le azioni Ducati sono scese del 2% alla Borsa di Milano, mentre gli analisti erano preoccupati per l’immagine del marchio in uno sport che vive di unità. Le squadre rivali si sono avventate, con Luca Marini della Honda, compagno VR46 di Pecco, che ha pubblicamente lanciato un “bentornato a casa” alla squadra Repsol. I media hanno analizzato ogni sillaba, con la Gazzetta dello Sport che ha pubblicato uno splash in prima pagina: “La ribellione di Bagnaia: la fine della dinastia Ducati?” I pettegolezzi del paddock facevano gli straordinari, speculando su clausole contrattuali che avrebbero potuto vincolare Bagnaia fino al 2027 o aprire portelli di fuga per il 2026.
Entra Gigi Dall’Igna, l’uomo il cui nome evoca stupore e trepidazione in egual misura. Appena 24 ore dopo la notizia bomba, il direttore generale di Ducati Corse si è presentato al briefing della squadra a Valencia, affiancato dai responsabili delle pubbliche relazioni. In un raro discorso spontaneo rivolto ai media riuniti, Dall’Igna si è rivolto all’elefante nel garage con la sua tipica miscela di candore e comando. “Pecco è il nostro campione, il nostro cuore”, ha iniziato, con la voce roca dopo anni di sigari di vittoria fumati a catena. “Le sue parole fanno male perché provengono dalla passione, non dalla malizia. Ma sia chiaro: Ducati non controlla i burattini. Noi diamo potere ai guerrieri”. Nella stanza calò il silenzio mentre Dall’Igna assumeva responsabilità, ammettendo: “Abbiamo spinto forte quest’anno, forse troppo. I cambiamenti arriveranno. Pecco avrà più voce in capitolo nella sua configurazione, a partire da questo fine settimana”.

La risposta di Dall’Igna è stata una lezione magistrale sul controllo dei danni, unendo empatia e autorità. Ha raccontato aneddoti personali dei suoi giorni in Aprilia negli anni ’90, quando anche lui era irritato dalle rigide gerarchie, inquadrando l’appello di Bagnaia come un catalizzatore di evoluzione piuttosto che di insurrezione. “Questa non è divisione; è dialogo”, ha affermato. “La MotoGP si muove velocemente, anche noi.” Dietro le quinte, i rapporti indicano accese riunioni del consiglio di amministrazione presso la sede centrale della Ducati a Bologna, dove Dall’Igna ha esercitato pressioni affinché un consiglio consultivo dei piloti democratizzasse le decisioni. Resta da vedere se questo sedarà la tempesta o semplicemente la ritarderà, ma ha sottolineato la presa inflessibile del capo sulla narrazione.
Mentre cala il sipario di Valencia sulla stagione 2025 – con Bagnaia a caccia del terzo titolo consecutivo – il paddock si prepara alle scosse di assestamento. La presa di posizione di Pecco galvanizzerà la sua corsa, spingendolo verso la gloria domenica? Oppure prefigura un cambiamento epocale, forse attirando l’italiano verso nuovi pascoli come KTM o addirittura un ritorno orchestrato da Valentino Rossi in Yamaha? I tifosi, sempre quelli romantici, si aggrappano al dramma che alimenta lo sport. La metafora della marionetta di Bagnaia risuona oltre i circuiti: in un’era di dominio guidato dai dati, dove gli algoritmi dettano linee e giri, la scintilla umana sopravvive.
Per ora, la griglia attende. Bagnaia, sempre stoico, si è concentrato nuovamente sulla bici, twittando una foto criptica del suo casco decorato con la scritta “Libero” (Libero). Dall’Igna osserva dal garage, calcolatrice in mano, progettando il prossimo aggiornamento. In MotoGP, dove le alleanze si stringono e si fratturano a 200 miglia orarie, prevale una verità: nessun campione corre per sempre con i fili. La dichiarazione di Pecco non è solo un titolo: è un manifesto, che riecheggia attraverso il rombo dei motori, ricordandoci che anche nel gioco più veloce, è la volontà del pilota, alla fine, a dettare la rotta.