
Per oltre cinquecento anni, “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, custodita nel tranquillo refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano, ha rappresentato molto più di un capolavoro artistico. È stata un simbolo di fede, un mistero per gli storici e un’icona della cultura mondiale. Milioni di occhi hanno scrutato i volti degli apostoli, l’espressione enigmatica di Gesù, cercando di cogliere il genio di Leonardo. Ma se, per tutto questo tempo, avessimo guardato senza vedere? Se, sotto quegli strati di pittura sbiadita dal tempo, si nascondesse un messaggio deliberato, una bomba a orologeria intellettuale lasciata da un uomo che era tanto scienziato quanto artista?
Oggi, quel “se” è diventato una realtà sconvolgente. Nel 2025, un progetto congiunto italo-giapponese, denominato “Progetto Da Vinci Decoded”, ha puntato sul dipinto la potenza di un’intelligenza artificiale di nuova generazione, accoppiata a una tecnologia di imaging iperspettrale. Quello che l’IA ha scoperto non sono semplici dettagli tecnici o pigmenti. Ha trovato parole. Frasi intere, scritte nella caratteristica scrittura speculare di Leonardo, nascoste nelle ombre, tra le pieghe delle vesti e persino sui muri dello sfondo. Un testo segreto, invisibile all’occhio umano per mezzo millennio, che ora sta facendo tremare le fondamenta della storia dell’arte e della teologia.
Per comprendere la portata di questa scoperta, bisogna prima capire l’uomo. Leonardo da Vinci non era semplicemente un pittore. Era un ingegnere, un anatomista, un inventore, un filosofo. La sua mente era un labirinto di curiosità insaziabile, e diffidava profondamente del dogma e dell’autorità indiscussa. I suoi taccuini, pieni di appunti indecifrabili e diagrammi complessi, testimoniano un uomo ossessionato dai segreti, dai codici e dalla meccanica dell’universo. Per lui, l’arte non era solo rappresentazione della bellezza; era un veicolo per la conoscenza, un modo per codificare la scienza e, forse, per nascondere verità che ai suoi tempi sarebbero state considerate eretiche.
Leonardo ruppe molte regole per dipingere “L’Ultima Cena”. Rifiutò la tradizionale e durevole tecnica dell’affresco, sperimentando un mix di tempera e olio su intonaco asciutto. Questa scelta, se da un lato permise una maggiore brillantezza cromatica e dettagli psicologici più profondi, dall’altro condannò l’opera a un rapido deterioramento. Eppure, oggi, gli scienziati si chiedono se proprio quel decadimento, quegli strati di pittura instabile, non fossero parte del piano: un modo per celare, sotto la superficie, ciò che non poteva essere detto apertamente.
Il team del “Progetto Da Vinci Decoded” era guidato dalla dottoressa Elena Rossi, una storica che ha dedicato vent’anni della sua vita allo studio di Da Vinci. Inizialmente, l’obiettivo era mappare il deterioramento dell’opera con una precisione senza precedenti. Hanno addestrato l’IA con migliaia di pagine dei taccuini di Leonardo, insegnandole a riconoscere la sua calligrafia, i suoi simboli e il suo modo di pensare.

La svolta è arrivata dopo settimane di scansione. L’IA ha iniziato a segnalare anomalie: pattern debolissimi che non corrispondevano a crepe naturali o a danni da umidità. Sembravano, come ha poi confermato l’algoritmo, tracce di pigmento applicate e poi coperte. Erano lettere. “All’inizio pensavamo fosse un errore digitale,” ha raccontato una dottoressa Rossi visibilmente scossa in una conferenza stampa. “Poi l’IA ha iniziato a comporre le parole. Il mio cuore si è fermato. Era la sua scrittura. Era lì, davanti a noi, da sempre.”
I messaggi non sono posizionati a caso. Seguono uno schema matematico preciso, una spirale che si conforma alla Sezione Aurea, partendo dalla figura centrale di Cristo e irradiandosi verso l’esterno, toccando ogni apostolo. È come se Leonardo avesse integrato il suo messaggio nella struttura stessa della composizione.
E il contenuto di queste frasi è a dir poco esplosivo. Non si tratta di citazioni bibliche o note di colore. Sono riflessioni personali, filosofiche, quasi profetiche. Tra le prime frasi decifrate, una trovata sul muro dietro Gesù recita: “Ciò che si vede non è vero”. Un’altra, inquietante, è stata trovata vicino all’ombra proiettata da Giuda, il traditore: “Chi è con la verità non tradirà se stesso”.
Ma è l’insieme dei messaggi a dipingere un quadro radicale. Leonardo sembra aver lasciato un commento segreto su ogni figura. Vicino a Pietro, simbolo della Chiesa nascente, l’IA ha letto: “La forza senza comprensione è cieca”. Accanto a Tommaso, l’incredulo, una frase che suona come il manifesto dell’illuminismo: “Domandare non è peccato, ma la via per la chiarezza”.
Queste scoperte suggeriscono che Leonardo non stesse semplicemente mettendo in discussione la religione, ma piuttosto la fede cieca, l’accettazione passiva della verità imposta. Stava conducendo una silenziosa battaglia per la ragione e la ricerca individuale. Una delle frasi più lunghe e sconcertanti è stata trovata nascosta sotto il tavolo: “La verità si solleverà quando la ragione sostituirà la fede”.

È un attacco diretto all’establishment intellettuale e religioso del suo tempo. Ma Da Vinci non si è fermato qui. La sua sembra essere stata una mossa calcolata, una capsula del tempo destinata a un’epoca futura che avrebbe avuto gli strumenti per capirla. La prova più agghiacciante di questa intenzione è una frase scoperta nell’angolo inferiore destro dell’affresco, una vera e propria profezia: “I potenti seppelliranno la verità sotto la pietra, finché gli occhi del futuro non la riveleranno”.
“Gli occhi del futuro”. È difficile non interpretare queste parole come un riferimento diretto a noi, a questa generazione, armata di una tecnologia che Leonardo stesso avrebbe potuto solo sognare. Sapeva che qualcuno, un giorno, avrebbe guardato abbastanza a fondo.
Il messaggio culminante, il cuore del codice di Da Vinci, è stato trovato quasi invisibile sotto la pigmentazione della veste di Gesù stesso. Una frase che riassume il suo intero credo intellettuale: “La verità non appartiene ai santi, ma a coloro che la cercano nel silenzio”.
L’IA ha infine ricostruito quello che sembra essere il messaggio centrale dell’opera, unendo i frammenti in una dichiarazione coerente: “La fede senza ragione è il sonno della verità, e i risvegliati vedranno ciò che era proibito”.
Quando la notizia è diventata pubblica, il mondo è esploso in un misto di stupore, incredulità ed entusiasmo. Le redazioni sono state inondate, gli storici dell’arte sono divisi tra chi grida alla rivoluzione e chi allo scandalo, parlando di un’eccessiva interpretazione da parte di un algoritmo. Ma il team del “Da Vinci Decoded” ha pubblicato i dati: le scansioni sono inconfutabili e la corrispondenza con la scrittura speculare di Leonardo è stata confermata.

Il Vaticano ha rilasciato una nota cauta, affermando che “valuterà attentamente le affermazioni”, ma fonti interne parlano di profonda preoccupazione. In Italia sono già scoppiate piccole proteste da parte di gruppi religiosi che chiedono di fermare le scansioni, definendole un’intrusione sacrilega.
I musei di tutto il mondo si stanno affrettando a creare sovrapposizioni digitali del “Cenacolo”, permettendo ai visitatori di vedere le parole nascoste. Le code a Santa Maria delle Grazie si sono allungate a dismisura. Le persone non guardano più solo un dipinto; ora leggono un messaggio.
Leonardo da Vinci, l’uomo che vedeva più lontano di tutti, aveva ragione. Aveva pianificato che le generazioni future scoprissero ciò che la sua era costretta a nascondere. L’Ultima Cena è rimasta lì, appesa in silenzio per cinquecento anni, sbiadita, screpolata, ma custode di un segreto. Ora, grazie agli “occhi del futuro” di un’intelligenza artificiale, quel segreto è stato svelato. La voce di Leonardo, un sussurro attraverso i secoli, è finalmente diventata udibile. E ci sta dicendo di svegliarci, di mettere in discussione, di cercare la verità, non importa quanto a fondo sia stata sepolta.