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LA PIÙ GIOVANE RAGAZZA GIUSTIZIATA DA UNA GHIGLIOTTINA TEDESCA della storia: le amare parole finali della diciannovenne e un’INGIUSTIZIA che ha richiesto 47 anni per essere ripulita (Avviso di contenuto: descrizione grafica dell’esecuzione con ghigliottina).

LA PIÙ GIOVANE RAGAZZA GIUSTIZIATA DA UNA GHIGLIOTTINA TEDESCA della storia: le amare parole finali della diciannovenne e un’INGIUSTIZIA che ha richiesto 47 anni per essere ripulita (Avviso di contenuto: descrizione grafica dell’esecuzione con ghigliottina).

LOWI Member
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L’ORRORE CHE ANCORA TI TOGLIE IL FIATO! La ragazza di 19 anni che affrontò la GHIGLIOTTINA nazista e la cui ingiustizia impiegò 47 anni per essere cancellata

Erna Wazinski (1925-1945): il volto più giovane e innocente caduto sotto la lama tedesca negli ultimi respiri del Terzo Reich

26 marzo 1945, 6:17 del mattino. Wolfenbüttel, Germania. Una ragazza magra con gli occhi chiari e appena 19enne viene portata nel seminterrato della prigione. Ha i capelli corti, un abito grigio da prigione e i suoi piedi sono nudi sul freddo cemento. Non piange.

Chiede solo una cosa: “Di’ a mia madre che ho sopportato tutto con coraggio”. Pochi secondi dopo, la Fallbeil (la ghigliottina tedesca) fa il suo lavoro con un forte tonfo che echeggia tra le pareti. La testa di Erna Wazinski rotola nel canestro di zinco.

Aveva 19 anni e 3 mesi.

Era la persona più giovane giustiziata con quella macchina infernale nell’intera storia del Reich.

La notte tutto cambiò

Tutto cominciò cinque mesi prima, nella notte tra il 14 e il 15 ottobre 1944. Braunschweig bruciava come un tizzone ardente. Più di mille bombardieri britannici scatenarono la loro furia.

Intere case crollarono, le strade diventarono fiumi di fuoco e il cielo era così rosso che sembrava la fine del mondo. Erna, operaia in una fabbrica di munizioni, ha perso assolutamente tutto: la casa, i vestiti, il cibo… perfino la speranza.

Come centinaia di vicini disperati, la ragazza è entrata negli edifici semidistrutti alla ricerca di qualcosa da mangiare, una coperta, qualsiasi cosa affinché la madre e i fratelli più piccoli non morissero di freddo e di fame. L’hanno presa con alcuni barattoli di confettura e un paio di coperte.

Reato: “Plünderung unter Ausnutzung der Luftgefahr” (saccheggio sfruttando il pericolo aereo). Pena secondo le leggi di guerra del 1942: morte automatica. Nessun appello. Senza pietà.

Un processo durato meno di un caffè

Il 12 marzo 1945 fu portata davanti al tribunale popolare di Braunschweig. Il giudice era Heinrich Detlev Schäfer, il successore del sanguinario Roland Freisler (lo stesso che urlava e umiliava gli accusati fino a farli piangere). Il “processo” durò 48 minuti. Non c’erano testimoni della difesa.

L’avvocato d’ufficio si è limitato a balbettare una richiesta di grazia. Frase: morte per decapitazione. Erna non batté nemmeno le palpebre. Ha solo chiesto se poteva scrivere una lettera a sua madre. Gli dissero che non era necessario: “La rivedrai presto nell’aldilà”.

Le ultime ore di una ragazza coraggiosa

La notte tra il 25 e il 26 marzo è stata trascorsa nel “braccio della morte” a Wolfenbüttel. Le guardie ricordano che non urlò, non implorò. Canticchiava piano una canzone della sua infanzia. Alle 5:45 l’hanno svegliata. Gli hanno offerto un’ultima sigaretta (ha rifiutato).

Gli chiesero se voleva confessarsi o pregare (disse che non credeva più a nulla). Ha solo chiesto che i suoi capelli fossero pettinati all’indietro “così la lama non si impiglia”.

I carnefici, veterani che avevano già trasportato migliaia di teste mozzate, confessarono poi di non aver mai visto tanta serenità in una persona così giovane.

Alle 6:17 la lama cadde. Il medico ha certificato la morte istantanea. Il suo corpo fu sepolto in una fossa comune senza targa. La sua testa… nessuno sa dove fosse.

16.000 anime sotto lo stesso lenzuolo

Tra il 1933 e il 1945 la ghigliottina tedesca operò senza sosta. All’interno dei confini del Reich e dei territori occupati 16.000 persone persero la ragione.

Negli ultimi mesi di guerra, quando già tutto era al collasso, si moltiplicarono le esecuzioni: per aver ascoltato la radio nemica, per aver raccontato una barzelletta su Hitler, per aver raccolto una patata dal campo… o, come Erna, per aver tentato di sopravvivere tra le rovine.

47 anni per dire “ci dispiace”

Passarono quasi cinque decenni di silenzio. Fino a quando, nel 1992, un tribunale tedesco esaminò il dossier e stabilì ciò che era evidente: Erna Wazinski era vittima di una mostruosa ingiustizia nazista. La sua condanna è stata ufficialmente annullata.

Troppo tardi per abbracciare la madre (morta nel 1978 senza mai sapere dove fosse sepolta la figlia). Troppo tardi per riportare in vita una ragazza che voleva solo nutrire la sua famiglia.

Oggi sul memoriale della prigione di Wolfenbüttel c’è una piccola targa con il suo nome. Dice semplicemente: «Erna Wazinski, 1925-1945. “Giustiziato per fame.”

Più

Non raccontiamo questa storia per riaprire ferite o per puntare il dito. Lo raccontiamo perché a volte l’orrore ha il volto di una ragazza di 19 anni che chiedeva solo che alla madre si dicesse che era coraggiosa.

Lo raccontiamo per non dimenticare mai quanto lontano può arrivare la follia quando la paura e il fanatismo si vestono di legge.

Erna non ha più voce. Ma lo facciamo. E finché qualcuno si ricorderà il suo nome, la ghigliottina non avrà vinto del tutto.