
Quello a cui abbiamo assistito nello studio di Dritto e Rovescio non è stato un semplice, e spesso soporifero, scambio di opinioni politiche. È stato un vero e proprio scontro frontale, un duello televisivo crudo, senza filtri, che ha lasciato il pubblico a casa letteralmente senza fiato. Da un lato, Paolo Del Debbio, conduttore noto per il suo stile diretto, populista e senza fronzoli, che da tempo si è eretto a paladino del malcontento popolare. Dall’altro, Beatrice Lorenzin, ex Ministra della Salute, volto chiave delle politiche sanitarie italiane dal 2013 al 2018 e figura centrale nella controversa legge sull’obbligo vaccinale.
La tensione era palpabile sin dall’inizio, ma nessuno si aspettava la deflagrazione che ne è seguita. Del Debbio ha metodicamente messo alle corde l’ex ministra, costringendola a confrontarsi, forse per la prima volta in modo così diretto, con le palesi contraddizioni e le zone d’ombra delle politiche sanitarie che hanno segnato l’Italia, specialmente durante l’emergenza pandemica.
Non c’è stato spazio per il politicamente corretto. Non c’è stato tempo per i consueti giri di parole. Il dibattito è deragliato trasformandosi in un interrogatorio nel momento esatto in cui Del Debbio, fissando la sua ospite, ha alzato la voce e ha pronunciato la frase che è diventata immediatamente virale: “Qui non racconti favole!”.
In quell’istante, lo studio si è gelato. La maschera istituzionale della Lorenzin si è inclinata, rivelando un palese imbarazzo. Se pensate di aver già visto scontri accesi nei talk show italiani, questo episodio ha alzato l’asticella, facendo saltare ogni filtro di convenienza televisiva. Perché quando un conduttore decide di dire le cose come stanno, o almeno come una vasta fetta di pubblico le percepisce, senza paura di toccare i nervi scoperti del potere, la verità, o quantomeno la sua ricerca, viene prepotentemente a galla.
Beatrice Lorenzin non è certo un volto sconosciuto. Come ministra, ha legato il suo nome a una delle leggi più divisive della storia repubblicana recente, quella sull’obbligo vaccinale, che già prima della pandemia aveva acceso scontri feroci. Ma è stato con il terremoto del Covid-19 che la sua figura, insieme a quella di chi ha gestito l’emergenza dopo di lei, è finita sotto una lente d’ingrandimento spietata. Le misure adottate, i lockdown, il green pass e le narrazioni ufficiali sono state messe in discussione da una parte crescente e rumorosa dell’opinione pubblica.
Paolo Del Debbio, con grande fiuto mediatico, ha intercettato e cavalcato questo malcontento, trasformando la sua trasmissione in una delle poche arene televisive apertamente critiche verso la gestione emergenziale. Lo scontro, dunque, era quasi inevitabile.
Il dibattito è partito su toni apparentemente civili, ma il nervosismo covava sotto la cenere. La Lorenzin cercava di spiegare le scelte fatte dai governi, insistendo sulla narrativa della “necessità di proteggere la salute pubblica”. Ma Del Debbio non era disposto a lasciar passare dichiarazioni che, a suo dire, non corrispondevano ai fatti o che omettevano dettagli cruciali.
Il momento di rottura, il clou della serata, è arrivato quando l’ex ministra ha tentato di giustificare alcune decisioni particolarmente controverse, appoggiandosi a dati ufficiali. È stato allora che Del Debbio l’ha interrotta bruscamente. Secondo il conduttore, quei dati erano stati presentati per anni in maniera distorta, incompleta o fuorviante.
“Qui non racconti favole!”. Non era una semplice correzione. Era un’accusa diretta, pesantissima. Un’accusa di mentire, o quantomeno di edulcorare la realtà, pronunciata davanti a milioni di telespettatori. In quello studio, il ruolo d’autorità della Lorenzin, la sua credibilità di ex “ministra della scienza”, è stato messo sotto torchio come raramente accade in televisione. Il pubblico in studio ha reagito con un boato, un misto di sorpresa e approvazione. Sui social, è stata l’apocalisse: nel giro di pochi minuti, clip, commenti e meme hanno reso la scena virale, trasformando la frase di Del Debbio in uno slogan.
Durante la discussione, ormai infuocata, Del Debbio ha martellato l’ex ministra puntando il dito su tre questioni precise. Primo: la gestione dell’informazione durante la pandemia. Secondo il conduttore, sono state diffuse per mesi versioni incomplete, parziali e fuorvianti dei dati, alimentando deliberatamente un clima di paura anziché di trasparenza. Secondo: l’obbligo vaccinale e le sue conseguenze sociali. Mentre la Lorenzin difendeva la misura come un atto necessario di responsabilità collettiva, Del Debbio ha ribattuto citando l’impatto devastante che quella decisione ha avuto sul tessuto sociale, creando una divisione tra cittadini di serie A e serie B.
Terzo, e forse più importante: la responsabilità politica e morale. “Quando si ricoprono incarichi pubblici”, ha tuonato Del Debbio, “non basta dire ‘abbiamo seguito la scienza’. Bisogna anche rispondere degli errori commessi”.
Se in studio le reazioni erano immediate, sui social il dibattito è letteralmente esploso. Si sono formati i soliti due schieramenti: da una parte, i difensori della Lorenzin, convinti che senza quelle misure restrittive la situazione sanitaria sarebbe precipitata nel caos. Dall’altra, un esercito di commentatori che ha visto in Del Debbio l’unico giornalista disposto a dire apertamente ciò che molti pensano, ma che nessuno osa dire nei salotti buoni dell’informazione.
Dopo quell’affondo, la discussione ha preso una piega ancora più tesa. La Lorenzin ha cercato disperatamente di controbattere, parlando di “strumentalizzazioni” e accusando i critici di diffondere “disinformazione”. Ma Del Debbio, mantenendo una calma apparente che contrastava con il tono fermo e aggressivo, ha ribadito il concetto: “La gente ha diritto a sapere come sono andate davvero le cose, non una versione edulcorata”.

In quel momento, il pubblico ha percepito che non si trattava più di un dibattito, ma di un processo mediatico, un interrogatorio politico in piena regola. Molte questioni, ovviamente, sono rimaste aperte. Perché alcuni dati venivano comunicati in modo così parziale? Perché le misure restrittive venivano giustificate senza un reale e aperto confronto pubblico con le voci dissenzienti? E quali sono le responsabilità, personali e politiche, per le decisioni prese in quegli anni?
Questo episodio dimostra che il giornalismo televisivo, spesso accusato di essere asservito al potere e di mettere in scena finte contrapposizioni, può ancora avere momenti di impatto reale. A patto, però, che ci sia il coraggio di porre domande scomode, di interrompere la retorica e di sfidare la risposta preconfezionata, il “copione già scritto” che troppi politici portano in studio.
C’è, ovviamente, un rovescio della medaglia. L’aggressività in diretta, la demolizione dell’avversario, rischia di essere percepita come una mancanza di rispetto, trasformando il dibattito in rissa. E in un’epoca già così polarizzata, questo può trasformarsi in un boomerang, radicalizzando ulteriormente le posizioni.
Ma il faccia a faccia tra Del Debbio e Lorenzin rimarrà, senza dubbio, uno dei momenti più discussi della stagione televisiva. Non perché abbia risolto qualcosa, ma perché ha messo in scena, in modo brutale e plateale, la frattura profonda che esiste nel rapporto tra politica, informazione e cittadini. Quella frase, “Qui non racconti favole”, ha sintetizzato in quattro parole il sentimento di sfiducia, rabbia e frustrazione di una larga parte del Paese verso chi ha gestito la cosa pubblica, e la sanità in particolare, negli ultimi anni. Che si sia d’accordo o meno con lo stile di Del Debbio, il dibattito che ne è scaturito è destinato a durare molto, molto a lungo.